10 aprile 2016

OSTIA SI AFFIDA AL FALLIMENTO DELL'ANTIMAFIA: SABELLA E BINDI

Nessuno dice che Rosy Bindi (PD) occupa da oltre 5 mesi senza alcun titolo la presidenza della Commissione Antimafia e che Alfonso Sabella è un magistrato ancora a spasso e criticato dalla Unione delle Camere Penali (una associazione di penalisti cui aderiscono 131 Camere Penali territoriali a cui  sono iscritti più di 8.000 avvocati penalisti). L'occasione per parlarne ce la offre Bruno Vespa.
Della puntata di mercoledì 6 aprile di Porta a Porta con l’intervista del figlio di Totò Riina, rimane impressa solo la frase dell’avvocato Luigi Li Gotti: “E' fallita l'antimafia, in Italia. E' fallita l'antimafia. Perché è diventata una professione. La professione dell'antimafia... e si fanno carriere sull'antimafia.
Li Gotti è considerato il legale dei pentiti, quello che si faceva un vanto di concordare il processo coi PM, di offrirgli pentiti collaborativi e materiale per condanne da ergastolo. In una parola, mentre i difensori cercavano di sbugiardare i pentiti, Li Gotti era lì per legittimarli. Li Gotti conosce bene il mondo della magistratura, quello politico e quello criminale per potersi esprimere con chiarezza sul mondo dell’antimafia. A questo mondo dell’antimafia risponde più di tutti il magistrato Alfonso Sabella, auto definitosi un ‘mafia hunter’, che continua a interpretare per il solo PD il ruolo dell’antimafioso per eccellenza, forse anche per rifarsi una verginità dopo essere stato indagato per le torture dei Genova del G8.

Lo stesso giorno, alla stessa ora in cui parlava Li Gotti, non davanti a un milione di persone ma a circa 100 fedeli del PD mafioso di Ostia, dentro il Teatro del Lido (a Ostia), l'On.le Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, sosteneva che "l'antimafia è un mestiere". Ricordiamo che Rosy Bindi, presidente del PD dal 2009 al 2013, eletta nel ruolo attuale il 22 ottobre 2013, ha vissuto in prima persona la scelta imposta dal PD che ha portato il 22 aprile 2013 alla distruzione delle intercettazioni tra l'allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e Nicola Mancino, fulcro inquietante della trattativa Stato-Mafia. A ricevere i maggiori vantaggi di tale affermazione della Bindi ("l'antimafia è un mestiere"), sempre lui, Alfonso Sabella, che presso il Teatro del Lido stava presentando il suo ultimo libro, proponendosi come l'esperto dell'antimafia in Italia, ma cadendo in strafalcioni madornali come quello di aver scritto essere Nazzareno Fasciani il figlio di Carmine e non il fratello. A Ostia una simile sciocchezza non la scriverebbe neppure il collaboratore non pagato di un giornalino di quartiere. Neppure il presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, lo ha corretto, lei, che disse appunto nel 2013 "di non capire nulla di mafia". Lei, Rosy Bindi, che secondo la legge 19 luglio 2013, n. 87 (articolo 2, comma 2) non potrebbe più essere dal 22 ottobre 2015 presidente della Commissione Antimafia. (1)
In realtà il problema più grande è rappresentato dalla figura di Alfonso Sabella, come ha anche rilevato l'Unione delle Camere Penali. Uno squilibrio tra politica e magistratura, che ha finito con il produrre l’insopportabile sovrapposizione e contaminazione fra i diversi poteri dello Stato. Una prassi degenerativa assai pericolosa per gli equilibri democratici ed istituzionali.
L’assunzione da parte della politica di magistrati antimafia (come si definisce Sabella) all’interno delle amministrazioni territoriali, addirittura approvata dal CSM e sospinta da un certo favore popolare, è al di fuori di ogni regolamentazione legislativa. Da un lato assistiamo a una magistratura che si insedia all'interno della politica legittimando se stessa come unica garante della legalità, e dall'altro a una politica che dimostra con tali scelte di voler delegittimare se stessa affermando la propria inadeguatezza e la propria incapacità di perseguire la legalità con i suoi propri strumenti e con le sue proprie forze. Di questo se ne fa principale interprete il PD e l’utilizzo di Alfonso Sabella è in queste senso eclatante. Un esempio su tutti.

Nel suo ultimo libro, parlando di Ostia come ‘territorio mafioso’ dove lui è stato inviato dal sindaco Marino per ripristinare la legalità dopo l’arresto per Mafia Capitale dell’ex-presidente del Municipio X, Andrea Tassone (PD), Sabella riferisce di un episodio avvenuto in un campo Rom, presso Acilia. Sabella racconta di esser stato accompagnato nel sopralluogo da Emanuela Droghei, moglie di Francesco D’Ausilio, entrambi del PD e, rispettivamente, (al tempo) Assessore alle Politiche Sociali della giunta municipale Tassone e capogruppo capitolino appunto del PD.  Sabella scrive: "Ci siamo tutti insomma a verificare cos'è successo e a portare solidarietà a quei disgraziati, vivi per miracolo. Del resto sono in una giunta di sinistra. E' normale preoccuparsi dei più deboli, delle persone meno integrate nel contesto sociale".
Sabella, che è stato nominato Assessore alla Legalità per arginare lo scandalo del PD coinvolto in Mafia Capitale, che doveva affrontare profonde indagini all’interno delle cooperative sociali gestite da Buzzi e Carminati con i favori del PD romano, che doveva (da magistrato) guardarsi attorno per evitare di essere ‘contaminato’ da una politica corrotta (D’Ausilio si è dimesso non per l’inchiesta su Marino ma per le innumerevoli intercettazioni in cui si fa il suo nome dentro le indagini di Mafia Capitale), si prostra dopo 16 mesi dallo scandalo di Mafia Capitale ancora alla politica, ancora al PD. La Droghei e D’Ausilio non sono mai citati nel suo libro se non per l’episodio di cui sopra. Il fatto del campo Rom si riferisce al 27 dicembre 2014, appena 5 giorni dopo la sua nomina ad assessore comunale. Dopo 16 mesi, Sabella dimentica invece, scrivendo il suo libro, quanto emerso dalle indagini della Procura di Roma, cioè il coinvolgimento di Emanuela Droghei con le cooperative legate a Buzzi e quello di D’Ausilio con il porto di Ostia. Sabella, che rappresenta per il PD la legalità, non può insinuare il dubbio nel lettore che la coppia politica del PD più forte del Municipio X, seppur non indagata, sia stata parte del sistema visti i continui rapporti con personaggi come Mario Monge e Mauro Balini.
La domanda che segue nasce dunque spontanea: quale servizio offre alla lotta alle mafie un personaggio come Sabella che cura soltanto la comunicazione del PD nel tentativo di far dimenticare la responsabilità politica avuta in Mafia Capitale? Forse la risposta ce l’ha già data Luigi Li Gotti: l’antimafia è diventata una professione e, per la propria carriera, si fa di tutto. Lo conferma la sua 'compagna' Rosy Bindi: "l'antimafia è un mestiere". Buon lavoro, magistrato Sabella: il PD le sarà grato ma dica a Rosy Bindi che deve liberare la poltrona che occupa senza titolo.

(1) Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. (13G00130) (GU n.175 del 27-7-2013 )
note: Entrata in vigore del provvedimento: 28/07/2013 (lo stesso giorno dell'operazione Nuova Alba, che ha visto carcerare i Fasciani: coincidenza?)
articolo 2, comma 2 : "La Commissione e' rinnovata dopo il primo biennio dalla sua costituzione; i componenti possono essere confermati" ma la 'conferma' dal 22 ottobre 2015 non c'è mai stata.

Nessun commento:

Posta un commento